Il nostro posto – Stare nel tempo

FOTOGRAFIE DI LUCA BRONZI

Il Progetto

Il nostro posto – Stare nel tempo

Nel 2018 nasce l’idea di poter avviare un nuovo processo creativo in linea con la metodologia della Biografia Teatrale sperimentata e parzialmente formalizzata durante la costruzione de Il tempio delle nostre fragilità, primo atto della trilogia Stare nel tempo. Il desiderio, era quello di mettere a disposizione di nuove generazioni (tirocinanti psicologi attivi presso Choròs, universitari e giovani lavoratori torinesi) un laboratorio di creazione scenica che partisse dalle storie e i vissuti dei suoi partecipanti.

Ogni mercoledì mattina, per un trimestre, il gruppo si è incontrato presso il Teatro Cascina Marchesa per lavorare, prima sulle interviste e poi nella pratica del laboratorio teatrale, per la costruzione della drammaturgia e della messa in scena. Il nostro posto debutta, così, il 3 giugno 2018 durante la IX edizione del TeatroComunità in Festival. In scena De Francesco Abate Giada, Alba Galbusera, Flavia Moschetto e Gian Zen Maria Marco, ragazzi tra i 20 e i 30 anni, cercano di comprendere le radici della propria esistenza e i suoi possibili sviluppi attraverso i sogni e i desideri cresciuti con loro. In una camera da letto, prima di addormentarsi, rivivono i passaggi della propria infanzia.

Attraverso il racconto, il gioco e il contatto cercano un conforto reciproco ma emergono la malinconia di una spensieratezza difficile da ritrovare e il dolore di infanzie complicate da genitori inconsapevoli. Dopo lo spazio di una notte, all’alba, si ritrovano nel mondo degli adulti tramite una trasformazione di corpi e parole, di sguardi e ascolto. La regia teatrale è stata curata da Maria Grazia Agricola e Céline Schlotter e lo spettacolo è andato in scena per due serate del festival organizzato da Choròs (3 e 13 giugno 2018).

Il progetto ha avuto un riscontro sorprendente col pubblico e il gruppo sembra rispondere bene alla tematica. Le immagini dell’infanzia e la forza così presente delle figure parentali creano l’urgenza necessaria al racconto e all’azione scenica. Sono questi gli adulti del domani che finalmente dialogano insieme di paure e dubbi sulla propria esistenza? Qual è il loro posto nel mondo? Il nostro posto diventa così la scena all’interno della quale è possibile valorizzare una generazione con i suoi sogni e i suoi dilemmi.

Considerata la dinamicità della fascia generazionale presa in considerazione, la possibilità di lavorare su questo progetto per più di un anno solare, ha due valenze. Da una parte risulta impossibile istituire un percorso continuativo a lungo termine (molti ragazzi partono per esperienze lavorative all’estero o cambiano città frequentemente). Dall’altra, proprio questa forte incertezza, attiva il motore che spinge questi giovani a parlare di sé e della propria condizione sociale. Partecipano, così, a questa fase di Il nostro posto – Generazione funambola Alba e Gian Maria, già presenti nella tappa del 2018, continuando il viaggio insieme a Giorgia Janina Omegna, Giulia Bilello, Andrea Casson, Deborah Savio ed Elisa Massaro, tutti tirocinanti universitari attivi nell’anno 2019 presso l’Associazione Choròs.

La regia di Maria Grazia Agricola e Duccio Bellugi Vannuccini con la collaborazione di Marianna Barbaro e Céline Schlotter, guida questo processo creativo sulle corde di una generazione funambola, da cui il titolo: un viaggio tra domande, storie d’infanzia e futuri incerti. Lo studio teatrale è andato in scena il 30 maggio e il 6 giugno 2019 durante la X edizione del TeatroComunità in Festival.

Stare nel tempo – Trilogia in divenire

Nel 2018 nasce l’idea di costituire una trilogia di spettacoli denominata Stare nel tempo. Questo trittico di progetti vede come aprifila Il tempio delle nostre fragilità spettacolo nato nel 2015 che lavora sul bagaglio narrativo familiare di ciascuno: la relazione coi propri genitori è fulcro centrale dello sviluppo della drammaturgia e fa convivere in scena cinque personaggi che vanno dai 40 ai 70 anni.

Il secondo spettacolo della trilogia è I nostri giorni felici, adattamento di comunità del testo di Samuel Beckett. Il gruppo di attori debutta nel 2018 al Teatro Marchesa. In scena dieci persone recitano dalle proprie tane, luoghi sicuri da cui non escono se non in poche e brevi occasioni. Sono i due giovani ragazzi stranieri che, spinti dai versi dell’amore di Shakespeare, aiutano le passate generazioni a uscire qualvolta, con la testa incuriosita, dal proprio nascondiglio personale. Ecco così un altro progetto che veicola il tema delle relazioni intergenerazionali. Giovani ragazzi stranieri si rapportano alla generazione di uomini e donne italiani tra i 60 e gli 80, in un miscuglio di parole delle quali è difficile capire la reale provenienza. Sarà Beckett? Sarà Shakespeare? Sarà Nuccia?

Infine, nel 2018, nasce la possibilità di avviare un percorso drammaturgico con quattro giovani attori tra i 25 e i 35 anni e si decide di iniziare a lavorare con loro sulle immagini dell’infanzia. Nasce così un primo studio de Il nostro posto.

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